L’aria
puzzava ancora di sudore e carne bruciata.L’assalto
era terminato da poco e sulla Lost Star erano già in corso le
riparazioni dello scafo e delle camere interne danneggiate
dall’intrusione dei soldati nemici all’interno della nave. Shak
guardò fuori dalla vetrata lungo uno dei corridoi esterni della nave
verso i rottami di quella che una volta era una nave di pirati o di
una qualche piccola fazione di briganti o ribelli locali.
Erano
passati appena pochi giorni dalla sua ultima battaglia, al largo del
pianeta Elen, nell’omonimo sistema e ancora non riusciva a farci
l’abitudine.Non
combatteva per piacere o perché, essendo un mutato, un umano
geneticamente modificato per ottenere una specie di super-soldato,
era stato progettato per farlo... No.
Per lui era come una droga, un
dolce momento d’estasi nel quale si lasciava andare e faceva vagare
la sua mente e le sue armi confuse in un turbinio tra il frastuono
dei fucili automatici e le urla dei morenti; in qualche modo si
sentiva vivo solo quando i suoi occhi del colore dell’oro liquido
si posavano sul suo prossimo bersaglio nel momento in cui questo si
rendeva conto del pericolo e capiva che era comunque troppo tardi...
Eppure ogni volta che quell’estasi finiva gli lasciava un sapore
amaro in bocca, un senso di incompletezza, come se tutto questo, alla
fine, non avesse senso. Shak aveva sempre visto il campo di battaglia
come una gara alla sopravvivenza e sopravvivere aveva spesso il caro
ma esaltante prezzo di dover guardare in faccia la morte, rendendosi
conto, spesso troppo tardi, che molti al contrario di lui non avevano
retto a quello sguardo e avevano ceduto il loro corpo alle pallottole
di un fucile.
Ai
resti sul campo di battaglia si stavano lentamente avvicinando delle
piccole luci. Erano iniziate le operazioni di recupero di materiale
dai rottami della nave distrutta. Il capitano della Lost Star ci
teneva sempre a ripulire le sue vittime fino in fondo.
Shak si diede
una sistemata alla mimetica grigia macchiata di sangue rappreso,
sospirò. Non avrebbe davvero mai fatto l’abitudine alla sensazione
di vuoto dopo aver strappato molte vite dai loro corpi. Notó nuove
macchie rosse e, contemporaneamente sentí una strana sensazione,
come un caldo torpore che saliva dall´addome.
Ebbe l’impressione
che tutto si facesse più pesante. Il fucile di fabbricazione
imperiale nella sua mano, la sua collana recante il simbolo sacro di
una divinità della quale non ricordava il nome, il suo giubbotto
antiproiettili, le sue palpebre...
Forse
non gli importava davvero piú nulla...
“Alla
fine” – pensó – “anche i soli muoiono...”
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