venerdì 21 settembre 2012

Sun Fading

L’aria puzzava ancora di sudore e carne bruciata.L’assalto era terminato da poco e sulla Lost Star erano già in corso le riparazioni dello scafo e delle camere interne danneggiate dall’intrusione dei soldati nemici all’interno della nave. Shak guardò fuori dalla vetrata lungo uno dei corridoi esterni della nave verso i rottami di quella che una volta era una nave di pirati o di una qualche piccola fazione di briganti o ribelli locali. 
Erano passati appena pochi giorni dalla sua ultima battaglia, al largo del pianeta Elen, nell’omonimo sistema e ancora non riusciva a farci l’abitudine.Non combatteva per piacere o perché, essendo un mutato, un umano geneticamente modificato per ottenere una specie di super-soldato, era stato progettato per farlo... No.
Per lui era come una droga, un dolce momento d’estasi nel quale si lasciava andare e faceva vagare la sua mente e le sue armi confuse in un turbinio tra il frastuono dei fucili automatici e le urla dei morenti; in qualche modo si sentiva vivo solo quando i suoi occhi del colore dell’oro liquido si posavano sul suo prossimo bersaglio nel momento in cui questo si rendeva conto del pericolo e capiva che era comunque troppo tardi...
Eppure ogni volta che quell’estasi finiva gli lasciava un sapore amaro in bocca, un senso di incompletezza, come se tutto questo, alla fine, non avesse senso. Shak aveva sempre visto il campo di battaglia come una gara alla sopravvivenza e sopravvivere aveva spesso il caro ma esaltante prezzo di dover guardare in faccia la morte, rendendosi conto, spesso troppo tardi, che molti al contrario di lui non avevano retto a quello sguardo e avevano ceduto il loro corpo alle pallottole di un fucile.
Ai resti sul campo di battaglia si stavano lentamente avvicinando delle piccole luci. Erano iniziate le operazioni di recupero di materiale dai rottami della nave distrutta. Il capitano della Lost Star ci teneva sempre a ripulire le sue vittime fino in fondo. 
Shak si diede una sistemata alla mimetica grigia macchiata di sangue rappreso, sospirò. Non avrebbe davvero mai fatto l’abitudine alla sensazione di vuoto dopo aver strappato molte vite dai loro corpi. Notó nuove macchie rosse e, contemporaneamente sentí una strana sensazione, come un caldo torpore che saliva dall´addome. 
Ebbe l’impressione che tutto si facesse più pesante. Il fucile di fabbricazione imperiale nella sua mano, la sua collana recante il simbolo sacro di una divinità della quale non ricordava il nome, il suo giubbotto antiproiettili, le sue palpebre...
Forse non gli importava davvero piú nulla...
“Alla fine” – pensó – “anche i soli muoiono...”

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