lunedì 28 gennaio 2013

Fratelli dello Spazio Profondo di Erika Corvo - terzo appuntamento

Benvenuti di nuovo tra le stelle, sui Bastioni dell'Illusione.
L'avventura di Erika Corvo continua... e noi siamo lieti di continuare a narrarvela: se vi siete persi gli altri due appuntamenti, correte a recuperare i post di Bastions of Illusion che vi mancano!
Leggete queste pagine tutte d'un fiato, e poi correte a conoscerla meglio.
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 Sette ragazzi scavalcarono velocemente il basso davanzale, precipitandosi
all’inseguimento del fuggitivo.
Brian percorse tutto il cortile, girando attorno al capanno del giardiniere,
provocando lo starnazzare spaventato di alcuni decorativi uccelli esotici.
Afferrò al volo una vanga e con essa si nascose dietro un angolo della
costruzione, sorprendendo con un tremendo colpo all’altezza del petto il
primo dei suoi inseguitori, il quale si accasciò al suolo con un grido
strozzato e due costole incrinate.
Il secondo del gruppetto venne atterrato da un colpo vibrato dall’alto verso
il basso che, per sua fortuna lo colse ad una spalla.
Gli altri cinque lo raggiunsero e lo fronteggiarono, estraendo corti bastoni
da sotto la giubba dell’uniforme.
Senza impegnarsi in un combattimento diretto, Black scagliò loro addosso
la vanga e tornò alla fuga.
<< Prendetelo! Non lasciatelo scappare! >> gridò Bomakov, furibondo
per la facilità con cui l’altro si prendeva gioco dei suoi compagni, in quel
mordi e fuggi.
I due ragazzi a terra non riuscirono a rialzarsi.
Black corse a perdifiato, saltando agilmente il basso muretto di cinzione
che separava l’area adibita a convitto dagli orti botanici.
Appena al di là del muro, afferrò un ramo tagliato da una catasta
accumulata da alcune potature, e invece di proseguire la fuga si nascose,
accosciato accanto al muretto.
Non appena uno dei ragazzi lo scavalcò, si rialzò di scatto e brandendo il
ramo a mo’ di clava, colpì l’infelice con un poderoso colpo tra schiena e
collo, sufficiente a tramortirlo. Subito dopo scaraventò di peso il ramo
dall’altra parte del muro. Un grido di dolore lo informò che uno dei suoi
avversari era stato centrato.
Tornò a darsi alla fuga mentre quattro figure scavalcavano velocemente il
muro alle sue spalle, proseguendo l’inseguimento.
Correndo alla massima velocità possibile attraverso il terreno dissodato di
fresco, riuscì nuovamente a distanziare i suoi avversari.
Ansante e madido di sudore, si fermò a riprendere fiato dietro ad un basso
capanno per gli attrezzi quando, improvvisamente, questo esplose con un
lampo accecante e un boato.
Black venne scaraventato a terra, semisepolto tra assi spezzate e rottami.
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Vedendolo rimanere immobile, quattro inseguitori si arrestarono.
<< Che diavolo è successo? Perché è esploso, quel capanno? >>
<< Non lo so, Bruno. Black non si rialza. >>
<< Non si muove più. Che sia morto? >>
<< Supremo Devaj! Finiremo tutti nei guai! Chi glielo spiega, al rettore,
che non siamo stati noi ad ucciderlo intenzionalmente? >>
<< Bastardi Dèi, filiamocela, Boma! >>
<< Si, filiamocela! >>
<< E Black? Non controlliamo se sia vivo o morto? >> obiettò Bruno
Bomakov.
<< E se qualcuno ci vedesse accanto a lui? Un conto è una rissa, un altro è
un’accusa di omicidio. Tu fa’ quello che vuoi: io me ne vado. >> disse
Caibo, pallido e tirato.
Come un sol uomo, i tre ragazzi si girarono e fuggirono via. Bomakov
esitò un solo secondo, poi li seguì.

Un uomo uscì correndo da un secondo capanno, poco distante da quello
saltato in aria. Raggiunse il luogo dell’esplosione e con una certa
apprensione costatò la presenza di un corpo che non avrebbe dovuto
esserci. Iniziò allora a scostare freneticamente le assi che lo ricoprivano, e
dopo aver rivoltato sulla schiena il malcapitato privo di sensi, gli tastò
l’arteria giugulare, poi lo trascinò all’interno del secondo capanno.
Nel riaprire gli occhi, Brian Black vide un volto sconosciuto chino su di
lui, e lo sconosciuto a cui apparteneva quel volto lo stava schiaffeggiando.
Con uno scatto degno di una tigre si rimise in piedi e, afferrato l’uomo per
il bavero, lo sbatté contro la sottile parete di assi inchiodate.
<< Posso anche capire una rissa o un pestaggio, ma a farmi saltare in aria
non ci aveva provato ancora nessuno: ti assicuro che tu sarai il primo e
l’ultimo a potersi vantare di averlo fatto! >> gli ringhiò rabbiosamente sul
muso.
<< Ehi, guarda che ti stai sbagliando, fratello! Ti assicuro che io non…>>
Un velo scuro davanti agli occhi costrinse Brian a lasciare la presa. Con le
orecchie che ronzavano, un baluginio di punti luminosi davanti agli occhi e
madido di sudore freddo, il ragazzo arretrò di qualche passo, ricadendo a
sedere su una cassa, lasciando che la testa si poggiasse alla parete.
<< Se ti avvicini sei un uomo morto. >> sibilò facendo scattare la lama di
un coltello a serramanico estratto di tasca.
Ansimava come un mantice cercando disperatamente di non perdere i sensi
una seconda volta, con la fronte imperlata di sudore e un rivolo di sangue
che gli colava giù da una tempia.
L’altro lo guardò cercando di comprendere il motivo di una simile
reazione.
<< Senti, non so chi tu sia, ma posso giurarti che non avevo la minima
intenzione di fare di te uno spezzatino.TU, piuttosto! Che cavolo ti è
saltato in mente di arrivare qui dove gli studenti non dovrebbero avere
libero accesso, dopo che avevo chiesto e ottenuto dal rettore il permesso di
poter sperimentare degli esplosivi? >> Brian socchiuse gli occhi, lottando
per mantenersi lucido. << Hey, stai bene? Sei ferito, per gli Dei! Metti via
quella lama e lascia che ti dia un’occhiata: stai perdendo sangue. Mi
senti?>>
Il coltello cadde a terra con un rumore secco.

<< Sei certo di non voler passare in infermeria a farti visitare? >> chiese
l’uomo dopo aver disinfettato con cura il graffio sulla tempia di Brian.
<< Certissimo.>> rispose questi, disteso sul lettino della stanzetta in cui lo
sconosciuto l’aveva portato, riprendendo lentamente un po’ di colore.<<E’
già troppo quello che hai fatto, grazie. Ma da dove spunti, tu? Non mi
sembra di averti mai visto, qua in giro. >>
<< Mi chiamo Stylo >> si presentò l’uomo: un giovane tra i venticinque e
i trent’anni, alto e d corporatura solida, con i capelli chiari e una corta
barba a contornargli la bocca e il mento. << E se non mi hai mai visto, è
perché sono arrivato con l’ultima navetta. >>
<< Devi essere degli ultimi corsi, allora. Ma questo non mi spiega cosa ci
facessi nell’orto botanico a pasticciare con le bombe. Sei sicuro di non
essere un amico di Bomakov? >>
Stylo valutò con un’occhiata il ragazzo disteso sul lettino: diciotto,
diciannove anni al massimo, fisico perfettamente sviluppato, corti capelli
nerissimi, e un viso piacevole dai lineamenti regolari, se non fosse stato
per quell’espressione scontrosa stampata sopra.
<< Nemmeno lo conosco, questo tizio. Era tra quelli che sono scappati
quando ti hanno visto cadere? Perché ti inseguivano? >>
<< Difficile trovare qualcuno che non mi abbia mai inseguito, qua dentro:
darmi la caccia è uno sport nazionale. Strano che nessuno te l’abbia ancora
detto. >>
<< Che vuoi dire con questa strana risposta? Perché ce l’hanno con te? >>
<< Perché provengo da un pianeta affiliatosi solo di recente alla
Federazione Interplanetaria, così lontano che nessuno l’aveva nemmeno
mai sentito nominare, prima. Mi tormentano, mi deridono chiamandomi
contadino, cavernicolo e provinciale. >>
<< A sentirlo sembra assurdo. E tu non ti difendi? >>
Brian ridacchiò << Se inseguirmi è il loro sport, difendermi e sopravvivere
è diventato il mio hobby la mia arte. >>
<< Bel problema. E i prof? Hai provato a parlargliene? >>
<< Come no? Il primo anno non ho fatto altro che lamentarmi di come mi
trattassero gli altri, ma si sono sempre limitati a rimproverare blandamente
chi mi infastidiva, e col passare del tempo, i rimproveri si sono fatti
sempre più fiacchi. Un provinciale non merita la loro attenzione: deve
difendersi da solo. >>
<< Così vai in giro armato. Non pensi possa essere pericoloso? >>
<< Girare disarmato non sarebbe meno pericoloso. Sarebbe letale. >>
<< Sono sicuro che tu stia esagerando, ma il concetto è chiaro. >> replicò
Stylo, convinto che il ragazzo stesse ingigantendo una situazione di poca
importanza, probabilmente allo scopo di attrarre l’attenzione su di sé.
<< Stavo testando un paio di nuovi tipi di esplosivi al plastico per una mia
tesi – io adoro gli esplosivi, anche se molti la giudicano una passione
alquanto insana – e i vecchi capanni nell’orto si prestavano benissimo ai
miei esperimenti. Ma mi era stato assicurato che nessuno studente si
sarebbe potuto avvicinare, e anche gli inservienti sarebbero stati avvertiti
perché i tenessero alla larga. Sei stato anche fin troppo fortunato che quelle
grosse assi ti abbiano protetto da una pioggia di schegge.
<< Sei uno strano tipo, mi sa: preparare la tesi di congedo parlando di
esplosivi e facendo saltare le baracche, non mi sembra una grande idea. >>
fece Brian alzando un sopracciglio, sicuro di trovarsi di fronte ad uno
studente dell’ultimo anno. << Dov’eri, prima di venire qui? >>
<< Parecchio lontano. >> generalizzò Stylo. << Ma non mi trovavo affatto
bene, e ho chiesto di potermi trasferire su Ottol. Non mi sembra un brutto
posto. Tu sei qui da molto? Che te ne sembra? >>

 La storia vi piace fino a ora?
Attenzione, attenzione, perchè presto potreste anche trovare una grossa sorpresa a riguardo.
Come una recensione, per esempio.

A presto, Viaggiatori!

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