martedì 5 marzo 2013

Fratelli dello Spazio Profondo di Erika Corvo - un nuovo appuntamento

Prima di tutto, mi scuso per la colpevole assenza: la scorsa settimana è stata davvero impegnativa, miei cari ospiti dei Bastioni.
Ma ora rimedierò subito, lottando contro raffreddore e mal di gola, per portarvi un nuovo episodio della lunga anteprima di Fratello dello Spazio Profondo!
Enjoy! 

<< Potrei sapere, a TE, che cavolo interessa tutto questo? >> gli gridai,
esasperato << Vuoi ricattarmi, per caso? O sei proprio tu, quello che
venderà a mia pelle? >>
<< Né l’uno né l’altro, Stylo. A me interessa soltanto perché sei l’unico
amico che ho. Ma al tuo posto, inizierei a spianarmi la strada per qualche
ipotesi di fuga , o quando verrà il momento, sarà troppo tardi per
pensarci.>>
<< Può darsi che tu abbia un sacco di ragione, e ti ringrazio per i dotti
consigli che mi hai munificamente elargito, ma continuo a ripeterti che non
sono affari tuoi. >>
<< Come preferisci, Devaj prof: affari tuoi. >> concluse con un’alzata di
spalle << Grazie per la piacevole serata, comunque. >>
Quella notte non riuscii a chiudere occhio per l’agitazione. Sulle prime
tornai a pensare che potesse veramente essere stato incaricato di spiarmi da
coloro che temevo, ma mi resi conto quasi subito che non era possibile.
Sperai almeno che non volesse o non potesse nuocermi.


PARLA BRIAN
Credetti Che non volesse più vedermi, almeno per un bel pezzo, finché non
gli fosse sbollita. Conoscevo bene, in fondo, la sensazione orribile che si
provava quando si é convinti che ci si sia nascosti bene e qualcuno ti fa
notare che hai lasciato la coda fuori della porta.
Solo che, quando il cane in fuga ero io, nessuno si era mai premurato di
farmelo notare gentilmente: in quei casi, la coda mi veniva calpestata, o
tranciata di netto sbattendo la porta contro lo stipite.
Quindi ero quasi certo che sarebbe tornato a cercarmi, sempreché la mia
amicizia lo interessasse ancora.
Fui sinceramente felice di vedermelo arrivare a fianco mentre mi stavo
godendo un’oretta al simulatore di navigazione, il solo luogo in tutto il
Complesso in cui mi sentissi veramente a mio agio. Il casco olografico
calato in testa, le mani infilate nei guantoni virtuali collegati al computer, e
le voci simulate degli operatori sintetici in cuffia, pronti ai miei comandi.
Amavo quella macchina. Sembrava quasi di poter sentire le vibrazioni del
generatore atomico sotto i miei piedi, come se fosse tutto reale, mentre
ordinavo l’inserimento dei contatti magnetici per preparare l’ingresso
nell’iperspazio, dando il via al conto alla rovescia.
In questa cartuccia di esercitazione mi ero trovato ad incrociare una nave
di classe diciotto che rifiutava di identificarsi: probabilmente trafficanti
d’armi o di schiavi.
<< Dove ti trovi, Brian? >> chiese Stylo infilando la testa nella cabina.
Riconobbi subito la sua voce, anche se non potevo vederlo, e sorrisi.
<< Dalle parti di Andromeda, e sto per iniziare un inseguimento. Vuoi
venire anche tu? Puoi farmi da secondo di bordo, se vuoi. >>
<< Se c’è un casco anche per me, volentieri. >>
Alzai la mia visiera, misi il simulatore in pausa e trovai il secondo casco
sotto il sedile accanto al mio.
<< Fammi vedere cosa sai fare. >>
Non appena si fu sistemato feci ripartire la cassetta e iniziammo ad
inseguire la nave misteriosa. Mentre io impartivo la rotta e determinavo le
modalità dell’inseguimento, Stylo se la cavò egregiamente ordinando al
momento giusto armare i missili ad alta risonanza, e lanciandoli venti
secondi prima di sguinzagliare i caccia. La nave nemica proseguì la sua
fuga cercando di colpirci con un paio di missili ad onde elettromagnetiche.
Uno, riuscii a schivarlo con una rapida manovra, ma il secondo ci colpì
dietro la stiva numero quattro, con danni relativamente leggeri, come ci
informò la voce in cuffia.
<< Perché quel missile non è stato centrato prima che ci colpisse? >>
gridai, mentre alcune gocce di sudore mi scesero giù dalle tempie.
<< Perché i cannonieri di questa cartuccia hanno una pessima mira, a
quanto pare: ecco il perché. >> rispose Stylo.
<< Allora dovremo inventarci una manovra diversiva per riuscire a farlo
fuori limitando i danni. Sala macchine! >> chiamai al finto interfono
<< Attivare il raggio traente! >>
<< Il raggio traente? >> mi chiese la voce di Stylo, sbigottito per quello
strano ordine << Che te ne fai?>>
<< Invece di fare domande, fai rientrare i caccia più presto che puoi. >>
<< TRAENTE ATTIVATO, DEVAJ >> rispose obbediente la sala
macchine.
<< Ponte di manovra! Puntate il traente sulla nave in fuga per quindici
secondi al mio via. Sala macchine: inserire i contatti magnetici quattro,
cinque e sette. >> ordinai, come per prepararmi al balzo nell’iperspazio.
<< ATTIVATI, DEVAJ. >> rispose la voce simulata.
<< Come credi di fare ad entrare nell’iperspazio con il traente attivato e
quella nave agganciata, Brian? Che razza di manovra ti è saltata in
testa?>>
<< Ponte di manovra: attivate la curvatura spazio-temporale. >>
<< CURVATURA ATTIVATA, DEVAJ. >>
<< Attivare il traente: VIA ! >>
Non avevo ancora sperimentato sul simulatore questo tipo di manovra per
sbarazzarmi di un avversario, anche se ci stavo pensando da alcuni giorni,
da quando mi era balenata in testa: se una nave decide di viaggiare
nell’iperspazio, fa in modo di trovarsi all’interno di una sorta di bolla
provocata dalla forzata curvatura dello spazio-tempo tutto attorno, e allora
si fila – letteralmente – come e più di un fulmine.
Ma se una nave si trova agganciata ad un’altra, e questa non si trova al
centro della bolla quando questa viene attivata? Una parte di nave esiste in
uno spazio e l’altra parte in uno spazio differente? Una metà di nave esiste
in un lasso di tempo e l’altra metà domani?
Secondo me, un paradosso simile in una struttura solida, avrebbe prodotto
per forza di cose dei danni estremamente rilevanti, se non addirittura
irreparabili.
Tre secondi più tardi, infatti, a nave inseguita esplose in una nuvola di
pulviscolo e rottami, e la simulazione ebbe termine.
Mi sfilai il casco asciugandomi il sudore dalla fronte con una manica.
<< Te la cavi bene come secondo, Stylo. >> mi complimentai mentre
anch’egli si sfilava il casco olografico.
<< Io? E tu, allora? Quell’idea del traente è fantastica! Non avevo mai
neanche immaginato una simile manovra: sei un genio! >>
<< Frottole! Non sono nessuno. >> minimizzai io abbassando lo sguardo,
imbarazzato e infastidito: non mi piaceva vantarmi, e non mi piace ancora
adesso.
Ma Stylo non sembrava essere della stessa opinione.
<< Brutta miseria, Brian! Questa non è modestia: è autolesionismo! Hai il
punteggio migliore di tutto il Complesso e lasci che tutti ti trattino da
idiota, e quando qualcuno ti dice “sei bravo” tu gli rispondi “non sono
nessuno”? “FANCULO, SONO IL MIGLIORE!” E’questo che dovresti
rispondere, accidenti a te! Hai più coglioni di una mandria di ippopotami
maschi, e ti diverti a tenerli legati come confetti in una bomboniera?
Vorresti dirmi che qua dentro sono riusciti a cavarti via l’orgoglio
dall’anima e buttarlo nel cesso? >>
<< Che stai dicendo, Stylo? >> domandai, sconcertato da quelle sue
parole inaspettate, anche se mi fece un piacere immenso constatare che
non mi serbasse rancore né per come fosse finita la nostra gara di tiro con
l’arco, néper quanto avessi scoperto sul suo conto. << E’ solo che non mi
piace spandere, tutto qui: io sono come tutti gli altri. >>
<< SPANDERE? >> Mi sa che tu abbia le idee parecchio confuse,
ragazzino. Guarda un po’ là dentro. >> disse indicandomi lo schermo
elettronico spento all’interno della cabina di simulazione, rigido e
traslucido, in cui si rifletteva la nostra immagine. << Cosa vedi? >>
<< Be’, la mia solita faccia da cane in fuga. Cos’altro dovrei vedere? >>
<< Io vedo un leone cresciuto fra i cani, che i cani hanno tollerato tra loro,
rinfacciandogli in ogni istante della sua vita di essere diverso da loro. E tu
sprechi ancora il tuo tempo sforzandoti di abbaiare! Ti tormentano perché
sei diverso? Bene: non cambierà MAI, Brian, perché tu SEI diverso, e sei
soltanto patetico quando cerchi di soffocare i tuoi ruggiti guaendo. Ce l’hai
ancora, un po’ di orgoglio? Si? Allora fagli aprire le ali! Impara a volare,
su, in alto! Come un falco sopra un branco di oche, e piantala di sforzarti
di essere uguale a loro, perché non lo sarai MAI ! Tu sei molto meglio, per
tua fortuna! Capisci quello che voglio dire, bastardi Dei? >>
Ciò detto, mi piantò lì e si allontanò, mentre io rimanevo a rimirare,
perplesso, la mia faccia riflessa sullo schermo
<< Hey, Stylo, aspettami! >>
Mi sbrigai a riporre il casco e gli corsi dietro.
Ce ne andammo a bere un mamoa discutendo del fatto che una nave da
guerra che non disponga di buoni cannonieri ha già perso metà della
battaglia.


Per questa settimana, è tutto!
E, come sempre, vi invito ad acquistare i libri della bravissima Erika Corvo.
Amazon di Erika Corvo 

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