giovedì 21 febbraio 2013

DEATHDOC by Eugenia Guerrieri - terzo appuntamento al cimitero

Cari ospiti dei Bastioni, cosa ci riserverà questa volta Eugenia e il suo Deathdoc?
Scopriamolo subito!

LA PAZZA DEL LOCULO TROPPO LUNGO

Ci son tre cose al mondo: le donne e il vino nero.
La terza, in fondo in fondo, è sempre il cimitero.
(Tiziano Sclavi)


Nel mio giro di ricognizione incrocio una coppia, probabilmente marito e moglie, che discute animatamente proprio del giorno dei morti: lei sostiene che deporre un fiore sulle tombe spoglie che non visita nessuno gli assicurerà un posto in paradiso, mentre il suo accompagnatore ritiene di essere ancora troppo giovane per pensare al "dopo".
Alla fine la spunta la donna e si dividono.
«Tu vai da quella parte, io da questa» la sento dire «e quando abbiamo fi-nito ci chiamiamo! Non buttare i fiori nel primo cassonetto che trovi, o an-drai all'inferno e me ne accorgerò!»
Anche se mi scappa da ridere, faccio lo sforzo sovrumano di trattenermi. L'ultima cosa che voglio è attirare la loro attenzione, ma sono troppo curioso di osservarli.
Perlustro il cimitero in cerca del marito e lo sorprendo mentre cammina parallelamente a una fila di loculi. Non sembra aver voglia di mettersi a di-stribuire fiori a defunti sconosciuti, fatto sta che si limita a sfilarne uno dal mazzo e a deporlo sul davanzale del loculo, accanto alla lucina votiva.
Insomma, si capisce che lo fa malvolentieri, solo per evitare grane con la consorte.
Ma buttali nel secchio, quei fiori. Tanto non è vero che vai all'inferno, gli vorrei dire.
Vado in cerca della moglie. Lei compie un lavoro più sistematico: toglie i fiori appassiti dai vasi, li getta nel cassonetto più vicino (assicurandosi la mia gratitudine per quel gesto) e ne infila uno fresco, facendosi ogni volta il se-gno della croce. Improvvisamente si ferma davanti a un loculo vuoto e resta lì a fissarlo, con i pochi fiori rimanenti che le pendono dalla mano inerte.
Si volta e mi vede. «Senti, scusa», mi apostrofa imperiosamente, «tu lavo-ri qui?»
«Sì» le rispondo, seccato che mi si dia del tu e mi si parli con quel tono.
Indica il loculo vuoto: «Dimmi una cosa: quanto è lungo questo buco?»
«Due metri e trenta.»
«Non avete altre misure?»
Cosa?! Di tutte le domande balzane che mi vengono rivolte, è indubbia-mente la peggiore in assoluto... questa qui crede forse di trovarsi in un nego-zio di articoli per trapassati?! Roba da matti.
Mi sforzo di non scoppiare a riderle in faccia e di essere cortese: «Non esi-stono altre misure. Questo è il loculo standard per adulti, e per legge li fanno tutti così!»
«E il prezzo?»
«Dipende dalla fila. Quella più bassa e quelle più in alto, che per i visita-tori sono scomode, costano meno.»
«Non c'è uno sconto in più, sulla misura del morto?»
«No», scrollo il capo.
«Ma non è giusto» si indigna la donna «io che sono piccolina devo pagare come tutti gli altri per finire in un buco lungo il doppio di me?»
Resto di sasso. Le ho davvero sentito dire quella frase? Mi guardo intorno alla ricerca di testimoni, ma nessuno ci fila.
Perché tutti i pazzi capitano a me?, penso con un sospiro. Rassegnato al pensiero di doverla affrontare da solo, allargo le braccia: «E cosa vuole da me? Non sono previsti ulteriori sconti per le persone basse, mi dispiace. La lun-ghezza del loculo è uguale per tutti! Se non le va bene, può sempre farsi cre-mare. Da qualche anno i parenti possono portarsi le ceneri a casa e metterle in bella mostra sulla mensola del caminetto! Oppure, se preferisce, si posso-no disperdere...»
La donna resta in silenzio per un po', probabilmente riflettendo sulle mie parole. Infine mi sorprende ancora, dicendo: «Perché no? Si può fare! Però bisogna sentire cosa ne pensa mio marito!»
Annuisco con fare condiscendente: «Buona idea, chieda un parere a lui. Sa che per essere cremati serve il consenso del coniuge superstite? A meno che lei non esprima la sua volontà per iscritto mentre è ancora in vita.»
«Ma due persone possono essere messe insieme? Tipo se mio marito mo-rirebbe prima di me, così risparmieremmo. Questi ci stanno in quattro» dice, indicando una tomba in basso.
Sempre più confuso, abbasso gli occhi sulla lapide da lei indicata. Acci-denti, è incredibile che si preoccupi non tanto dell'idea della morte, quanto di quella della spesa.
Le sorrido appena. «Queste persone sono morte da cinquant'anni, non legge le date sulla lapide? Non creda che sia così facile, bisogna chiedere un permesso speciale al Comune... inoltre non risparmierebbe affatto, la spesa sarebbe identica a quella da sostenere affittando un loculo vuoto.»
«Davvero?! Be' io, a mio marito lo chiamo lo stesso. Meglio deciderle fin-ché siamo ancora vivi, certe cose!»
Stremato da quell'assurda discussione, che per i miei gusti si è protratta anche troppo, approvo stancamente: «Giusto, fa bene. Dopo mi faccia sapere cosa decidete, così in caso mi preparo!», le dico prima di allontanarmi.
Inaspettatamente la donna si mette a chiamare il marito urlando a squar-ciagola. «ANDREA! ANDREA, DOVE SEI?»
Mi volto di scatto mentre chi fino a un momento fa non aveva prestato at-tenzione alla scena, si mostra infastidito.
«ANDREA!» continua a berciare quella, fingendo di non vedere le espres-sioni scocciate delle persone lì attorno.
«È assurdo. È inconcepibile» dice qualcuno, indignato.
Subito fanno eco altre lamentele.
«È assoluta mancanza di rispetto, sia nei confronti dei defunti che dei vi-vi!» brontola un'adirata signora.
«Questa qui deve avere scambiato il cimitero per il mercato sulla piazza!»
«Ma insomma, faccia qualcosa!», mi intima un anziano quando torno sui miei passi.
«Avete ragione...» rispondo con un sospiro, avvicinandomi alla donna per rimproverarla. «Signora!!! Cosa fa, si mette a urlare nel cimitero?! Un po' di educazione! Abbia rispetto per gli altri...»
«Anche mio marito è qui da qualche parte. Vivo, naturalmente!», replica interrompendomi.
«Ho capito, ma non può gridare come se fosse al mercato! Non ha un cel-lulare? Gli telefoni!»
Annuendo, compone un numero sulla tastiera del cellulare e a voce altis-sima dice: «ANDREA! VIENI SUBITO QUI, SONO... dov'è che mi trovo, scu-sa?» domanda a me.
«Tronco 15», le rispondo rassegnato. Se prima avevo avuto dei dubbi sulla sanità mentale di questa donna, ora ho finito per convincermi che sia assolu-tamente fuori di testa.
«TRONCO 15», ripete senza abbassare la voce, «CERCA DI SBRIGARTI!»
Aspetto che riattacchi per dirle severamente di non gridare più in quel modo, ma si limita a ordinarmi di restare qui senza degnarsi di chiedere scu-sa. Esasperato, sospiro appena e mi impongo di essere paziente: per guada-gnarmi lo stipendio mi tocca anche fare cose del genere.
Il marito ci raggiunge quasi subito, evidentemente era vicino al tronco 15.
Lo vedo arrivare a passo di carica, l'espressione furente. Con impazienza, domanda alla donna: «Allora... si può sapere cosa c'è? Hai finito di distribuir fiori a perfetti sconosciuti?»
«Me ne mancano pochi.»
«Be', lasciali. Io ho da fare, non posso perdere la mattinata in questo mo-do!» dice, togliendole di mano quello che rimane del mazzo.
La matta tenta di protestare: «Ma no, così è uno spreco...»
«E allora le corone che vengono lasciate dopo i funerali? Le buttano, cosa credi?»
Assisto in silenzio, indeciso se chiamare il 118 o se spiegare a questi due che le corone, dopo i funerali, non vengono affatto buttate: se sono ancora in buone condizioni, i fiorai dei botteghini qui fuori le comprano da me, le di-sfano e ne fanno decorazioni da rivendere, ovviamente alzando il prezzo. Ec-co spiegato dunque, perché nei pressi del cimitero un fiore costa più di un diamante.
Finalmente la donna cede, seppure a malincuore. «E va bene. Però se va-do all'inferno sarà solo colpa tua!»
«Ma via, per quattro fiori che non hai distribuito... dai, andiamo a casa.»
«Aspetta. Ti ho chiamato per un'altra cosa.»
«Cosa? Sentiamo». Il marito, ormai, sembra sul punto di mandare la pro-pria pazienza a farsi un lungo viaggio.

Io me ne rendo conto dal suo linguaggio corporeo, ma la moglie a quanto pare, no. «Fattelo spiegare da lui...» gli risponde indicandomi con un cenno. Visto che non le presto ascolto, alza di nuovo la voce per attirare la mia at-tenzione. «EHI, TU!»
«Signora, basta gridare!» le ingiungo furioso. Ne ho abbastanza di quella sciroccata e se non se ne va immediatamente la picchio.
Mi risponde con indifferenza, scrollando le spalle: «Tanto i morti non si svegliano!»
«I morti non si svegliano», ripeto severamente, «ma lei, con la voce che si ritrova sta dando noia a tutti, me compreso! Sa parlare un po' più piano?»
Attorno a noi si è radunata un sacco di gente. La pazza non si rende conto che rischia il linciaggio, se non la smette di dare spettacolo.
«Lei ha perfettamente ragione, ma la scusi...», scrolla il capo il marito. «È un po' stravagante!»
Un po' stravagante?! Secondo me è proprio matta!!! Bofonchio che sono lì per lavorare, non per chiacchierare, e mi allontano più in fretta che posso. Perché, fra tanti visitatori, dovevo imbattermi proprio in quei due?


Se volete altre perle su cosa significhi lavorare in un cimitero, perchè non andate a dare il vostro contributo alla brava Eugenia? :D
Deathdoc

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