mercoledì 6 febbraio 2013

Fratelli dello Spazio Profondo di Erika Corvo - le avventure di Brian continuano...

Continua il nostro appuntamento settimanale con la bravissima Erika Corvo!
La storia si fa sempre più interessante con l'introduzione di un nuovo personaggio - si, sta prendendo anche me! ;P

Spero presto di poter fare una recensione anche di questo libro.
Nel frattempo, continuate a stare sintonizzati su questa frequenza galattica per non perdervi neanche un capitolo dell'anteprima!


<< Se ci si potesse limitare a studiare, credo potrebbe essere un paradiso.
Ma come hai visto, ho altri problemi. >>
<< Se ti senti meglio, potremmo andare giù al ritrovo comune: non ti
farebbe male mandar giù qualcosa di forte. >>
<< A quest’ora? Territorio proibito, in mia compagnia, a meno che tu non
voglia condividere con me la mia prossima fuga: a quest’ora è pieno di
persone a cui non sono estremamente simpatico. >>
<< Vengono a romperti le scatole anche quando sei in compagnia? >>
<< Non sono mai in compagnia. >>
<< Mai ? >>
<< Mai. Nessuno ha voglia di sperimentare la mia stessa impopolarità. >>
<< Beh, a questo punto, più che scoraggiarmi, mi incuriosisci. Andiamo:
ho proprio voglia di vedere che cosa succede… >>
<< Contento tu… >>

Effettivamente, poco dopo il loro ingresso nella sala che fungeva da locale
pubblico e ritrovo comune, Stylo poté notare parecchi sguardi puntati sul
giovane Black, palesemente incuriositi dal fatto che non fosse solo.
Alcuni ragazzi ammiccarono nella loro direzione, e alcune Corone Federali
passarono di mano.
<< Qualcuno doveva aver scommesso sulla mia morte, o almeno su
qualche osso fratturato. >> fu il commento laconico di Brian.
Trovarono un tavolino libero in un angolo della sala e si sedettero.
<< Non mi sono ancora scusato con te per il modo in cui ti ho aggredito,
prima… >>
<< Ah, lascia perdere. Capita a tutti di sbagliare. >>
Un cameriere in livrea bianca e gialla si avvicinò loro col blocco delle
ordinazioni in mano.
<< Cosa bevi, Brian ? >> domandò Stylo.
<< Un Fundi ben caldo. >>
<< Due, allora. >>
<< Si, Devaj. >>
Il cameriere si allontanò, ossequioso, per ricomparire poco dopo con due
bicchieri fumanti che posò sul tavolino.
<< Be’, per essere un provinciale, hai dei gusti raffinati: non è facile
trovare uno studente che apprezzi una bevanda così insolita e ricercata. >>
<< Qualche volta mi concedo un po’ di lusso. E il Fundi mi da
l’impressione che, oltre allo stomaco, riesca a scaldarmi l’anima.. Ti
consiglio di tenere in mano il tuo bicchiere, Stylo, altrimenti non durerà
molto, temo. >>
<< Ma scotta… E perché, poi, dovrei tenerlo in mano? >>
Uno studente si staccò dal gruppo in cu si trovava, e facendo finta di nulla,
attraversò la sala. Arrivato all’altezza del tavolo a cui sedevano Brian e
Stylo, tirò una boccata di sigaretta, soffiò il fumo in una grossa nuvola
azzurrognola, e con un sorrisetto sprezzante lasciò cadere la cicca nel
bicchiere posato sul tavolino.
<< Visto? >> comunicò Brian all’amico con un solo sguardo, senza
bisogno di parole.
Furioso per quell’insulto deliberato, Stylo si alzò dal suo posto e agguantò
il giovane insolente per il colletto.Questi si rigirò di scatto cercando di
colpire l’avversario con un pugno, ma l’uomo parò il colpo con facilità,
stringendo il polso del ragazzo in una morsa formidabile e rigirandogli il
braccio dietro la schiena.
<< Per questa volta ti lascio andare, piccolo idiota. >> lo redarguì a bassa
voce mentre tutti gli sguardi conversero su di loro, nella fiduciosa attesa di
un’ennesima rissa.
Con la mano libera, Stylo sbottonò la giubba, mostrando due fialette
trasparenti infilate in appositi occhielli nella fodera.<< Sai cosa
contengano, queste? No? Te lo dico io, allora: un derivato leggermente
instabile del nitrato di ammonio. Il che significa che se mi colpisci, io e te
saltiamo in aria insieme a tutto questo posto… Tu sai a cosa serve il nitrato
di ammonio, vero? >>
Il ragazzo impallidì. Evidentemente, nonostante dovesse essere uno
studente dei primi corsi, conosceva a sufficienza la chimica per sapere che
la sostanza nominata servisse per fabbricare esplosivi.
<< Che? … SEI PAZZO! Non PUOI girare con quella roba addosso! >>
esclamò cercando di liberare il polso dalla mano serrata di Stylo << Stai
scherzando, vero? >>
L’uomo scosse lentamente la testa, serissimo.
<< Non sto scherzando, e posso farlo, dato che sono il nuovo prof di
chimica. Il mio nome è Stylo Van Petar, se vuoi scomodarti a
controllare.>>
<< Un professore!… Scusate, Devaj prof, io non… non avevo idea che
voi… >>
<< Sparisci dalla mia vista e prega di non essere nei miei corsi, o la tua
tesi di congedo saranno le analisi chimiche delle urine di tutta la scuola!>>
Con una spinta rabbiosa allontanò da sé l’incauto studentello, il quale
mormorando ossequiose frasi di scusa, tornò con la coda tra le gambe al
gruppo da cui era venuto.
Van Petar tornò a sedersi sotto lo sguardo altrettanto ossequioso di Brian,
sbigottito e confuso.
<< Tu sei… SEI UN PROF ! Ti credevo uno studente dell’ultimo corso…
Non PUOI essere un prof! Qui il docente più giovane ha l’età del nonno
del Supremo Devaj… Perché diavolo non me l’hai detto subito? Mi sarei
risparmiato anch’io una figuraccia tremenda, e… >>
<< Piantala! >> tagliò corto Stylo tornando a sedere. << Non mi interessa
starmene su un piedistallo, venerato come una divinità. Non da te, almeno.
Siamo amici, no? >>
<< Boh… se lo dici tu! >> rispose l’altro, alquanto perplesso.
Il cameriere tornò con aria mortificata.
<< Perdonate l’incidente, Devaj. Volete che ve ne porti un altro? >>
<< No, lascia perdere: ce ne andiamo. >> rispose alzandosi, dopo aver
lasciato sul tavolo qualche Corona.
Brian lo seguì come un cagnolino.

PARLA STYLO

Quello che ricordo più vividamente di lui, agli inizi della nostra amicizia,
era la sua diffidenza; nei miei confronti, come nei confronti di tutti gli
altri.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che io non avessi intenzione di fargli
del male, e se avesse potuto perquisirmi ad ogni nostro incontro senza
offendermi, per controllare che non portassi armi su di me, credo che
l’avrebbe fatto.
Per moltissimo tempo non ricordo di averlo mai visto ridere; ridere di
cuore, intendo: le risate aperte che si fanno con gli amici, quando si sta
bene in compagnia e si è completamente rilassati.
Eppure, al tempo stesso, era capace di una delicatezza insospettabile.
Sembrava avesse studiato minuziosamente ogni mia abitudine e faceva in
modo che il tempo da trascorrere insieme contenesse soltanto attività a me
congeniali, fingendo regolarmente che interessassero a lui, ma senza
tuttavia dare l’impressione di essere ruffiano. Credo si vergognasse di
quella sua voglia di riuscire simpatico a qualcuno. Era come se con una
mano cercasse di aggrapparsi a me e tenesse pronta l’altra per colpirmi, o
per cercare di non venire colpito.
Era dotato di un’intelligenza vivacissima, coltivava mille interessi che
spaziavano nei campi più svariati: musica, arti marziali, raccolta di
frammenti di meteoriti, fino alla lettura di manuali tecnici sulla
navigazione stellare.
Prima di conoscermi, trascorreva quasi tutto il suo tempo sui libri.. Aveva
letto buona parte dei volumi contenuti nella biblioteca del Complesso delle
Scienze e ricordava ogni cosa con memoria quasi fotografica.
Conversazione brillante, estroso, simpatico. Peccato per quel suo
pessimismo di fondo; comprensibile, del resto, considerando come venisse
isolato da tutti, anche se non riuscivo a capirne il motivo.
Più conoscevo Brian e più mi sembrava impossibile: non aveva niente che
non andasse, nessun difetto tale da giustificare il trattamento che subiva.
<< Dicono che sia un violento. Io mi difendo. >> diceva parlando di sé
<< Sono loro che mi stuzzicano in continuazione: non sono mai il primo a
iniziare. Certo, reagisco. DEVO difendermi: mi hanno emarginato a tal
punto che mi è rimasto soltanto lo spazio vitale, e se non combattessi per
tenermi almeno quello, probabilmente mi calpesterebbero dalla mattina
alla sera come lo zerbino all’ingresso. >>
Non mi sembrava possibile quello che invece si diceva di lui. Lo
descrivevano come uno scarso, un piantagrane, uno che chissà cosa si
crede per essere arrivato a studiare su Ottol, dalle palafitte dove viveva…
Un attaccabrighe, un criminale nato, violento e cattivo. C’era qualcosa che
non quadrava, in tutto questo.
Era comunque vero che sembrava dotato dell’istinto di un gatto. Più di una
volta ebbi modo di notare che fosse impossibile avvicinarlo alle spalle.


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