venerdì 8 febbraio 2013

DEATHDOC by Eugenia Guerrieri - si ritorna al cimitero

Ed eccoci al secondo appuntamento con DEATHDOC.
Nonchè al secondo appuntamento della settimana con l'angolo "anteprima a puntate"! :D
E se di mercoledì ci siamo sollazzati con un po' di sana fantascienza, oggi si torna invece a parlare di morte.
Ma vi lascio subito alle pagine della creatura della nostra Eugenia!


OGGI RICORRONO I MORTI...

Ognuno di noi fa quello che può
per non pensare alla vita
(Francesco Dellamorte)

"SPERIAMO CHE VINCA MIO NONNO".
Lo status di Facebook di un amico dei miei figli dice così, e li ha fatti tan-to ridere. Anche io, a dire il vero, leggendolo accenno un sorriso. Nulla di più, però. So già che oggi al cimitero ci sarà un incredibile viavai di gente e questo sta a significare una sola cosa: delirio assoluto.
Non capisco perché la maggior parte delle persone si ricordi dei propri morti "a comando", una volta l'anno. Per me il giorno dei defunti rappresen-ta lavoro, lavoro e ancora lavoro.
Sono il custode del cimitero di Velletri e, come tale, scavo le nuove fosse anche sotto la pioggia torrenziale e gelida; svuoto le tombe a cui è scaduta la concessione, ripulisco gli scheletri prima di metterli nelle cassettine per le ossa, e vado personalmente in Comune a ritirare gli atti di sepoltura qualora le agenzie di pompe funebri non avessero provveduto. Ogni notte perdo ore di sonno per fare la guardia.
Senza contare il tempo e la fatica che mi costano la manutenzione delle tombe e la pulizia di viali e vialetti dai rifiuti che i visitatori lasciano in giro durante il giorno, ovunque fuorché nei cestini. Getto via i fiori secchi e an-naffio quelli freschi.
È massacrante, ma non mi lamento: quando ho accettato il lavoro, sapevo che sarebbe stato così. Il mio predecessore, conosciuto durante una lunga chiacchierata al termine di un funerale, rimase così favorevolmente impres-sionato dalle mie conoscenze sulla morte da suggerirmi di far domanda per lavorare qui, designandomi poi come suo successore una volta che fosse an-dato in pensione.
Soltanto in seguito scoprii che era ormai da un pezzo che avrebbe dovuto andare in pensione; ma cosa aspettasse di preciso non lo so. Voleva prima es-sere sicuro di trovare qualcuno che lo sostituisse degnamente? O era convin-to di dover morire sul campo, come i soldati?
Ed eccomi, dalla mattina alla sera, in questa oasi di pace di medie dimen-sioni immersa nella natura: è diventato uno splendido cimitero, da quando ci lavoro io... come dico sempre, dal momento che mi pagano è giusto che mi impegni a mantenerlo pulito e in ordine.
Naturalmente non faccio tutto da solo, non sono un mago... alle mie di-pendenze lavorano dieci persone, ma sono sempre io il primo a entrare e l'ul-timo a uscire.
Oggi dovrò controllare che tutto fili liscio e dare una mano a chi ne avrà
bisogno. Per non creare intralcio ai visitatori e non impressionarli, le normali attività del cimitero sono sospese. Non si fanno esumazioni o estumulazioni, quindi, né si seppelliscono nuove salme.
Naturalmente, una volta chiusi i cancelli al termine della giornata, ci sarà da pulire... so io in quali condizioni pietose si riduce il cimitero il 2 novem-bre: molti vivi sono così ipocriti da visitare le tombe dei propri cari solo oggi e, totalmente privi di rispetto e di senso civico, lasciano in giro spazzatura, mozziconi di sigarette e fiori secchi, che poi io dovrò scopare via e bruciare. Non vedo l'ora che arrivino le 17.
Da quando lavoro qui, ogni 2 novembre spero sempre la stessa cosa: che diluvi tutto il giorno, costringendo la gente a restarsene a casa. Chissà perché non succede mai?
«Facciamoci coraggio e andiamo a lavorare...» dico ad Alessandro.
Dunque... qual è il programma della giornata?
Ore 7.30: prima messa a suffragio dei defunti, nella piccola chiesa del ci-mitero. Wow, da non perdere! A quell'ora ci saranno solo le vecchiette, perciò si "replica" nel corso della mattinata. Nell'intervallo tra una messa e l'altra, il parroco girerà per il cimitero e benedirà le tombe.
Assesto una lieve pacca sulla schiena di Alessandro. «Apri il cancello di via del Cigliolo, io mi occupo dell'altro», e mi avvio di buon passo verso l'in-gresso principale.
Una volta giunto lì, resto di sasso: no, dico... si è mai vista la gente fare la fila fuori i cancelli del cimitero, manco si trattasse dell'inaugurazione di un ipermercato?
Deve trattarsi del primo scaglione di visitatori, mi dico infilando la chiave nella serratura. In genere a quest'ora vengono gli anziani insonni e coloro che si fermano un momento sulla tomba dei loro cari estinti prima di andare a lavorare.
Appena i cancelli sono aperti, entrano accalcandosi come se invece che al cimitero si trovassero a una svendita. Quanta fretta...! Avranno paura che gli scappino le salme?! Oggi ricorrono i morti, ma mi sembra che anche i vivi corrano e ricorrano!
Mi sfiora un tizio trafelatissimo che parla al cellulare: «Sono al cimitero. Eh, sì, oggi è la commemorazione dei defunti, il tempo di una preghiera e un fiore sulla tomba dei miei e vengo in ufficio. Come? No, non passo anche dal-la madre di mia moglie, è nell'ampliamento e dovrei allungare troppo il giro. Invece i miei sono nel fabbricato vicino l'ingresso, quindi faccio subito. Tan-to, visto che sono qui, è come se fossi stato anche da lei...»
Sì, commenta la mia vocina interiore, oggi c'è l'offerta speciale del giorno dei morti: ne visiti due, valgono per tre! La verità è che a quel tizio della ma-dre di sua moglie non frega un tubo.
«Che tristezza, i cimiteri» commenta una ragazza tutta tatuata e piena di piercing parlando con un'amica «tutte queste tombe... si dovrebbe fare qual-cosa per vivacizzare un po' l'ambiente, non trovi?»
Mi dispiace, non conosco barzellette da raccontare ai visitatori, sto per ri-spondere. Che gente...! Scrollo il capo e continuo a camminare per il vialone, tra l'indifferenza generale.
Non che io mi metta a fare castelli in aria sui visitatori, intendiamoci. Di tutte le persone che vanno e vengono, solo alcuni volti mi sono familiari, mentre gli altri nemmeno li noto... nel novero di chi reputo degno della mia considerazione hanno un posto di rilevanza quattro signore, tutte vedove, che vengono a portare i fiori ai mariti una volta alla settimana. Notano tutto e tutti, al punto che sono tentato di assumerle come guardiani diurni. Esple-tato il loro compito, restano sedute su una panchina a chiacchierare.
Potrei dirgli di farlo a casa loro, ma evito. Non mi sembra giusto, in fondo non danno fastidio a nessuno e non sporcano. La gente ha diritto di venire al cimitero, se tiene un comportamento dignitoso e non irrita me.
Vicino al deposito feretri, mi imbatto in un uomo di colore carico di fiori di ogni tipo. Lo conosco: è un nigeriano sui trent'anni che, in occasione del giorno dei defunti, li compra al mercato per poi venire a rivenderseli qua a un euro l'uno. Mi sorride: «Ciao, capo!»
«Farò finta di non averti visto», gli dico a mo' di saluto, «una volta o l'altra mi farai litigare con i fiorai qui fuori!»
Non dovrebbe essere qui, ma non ho il coraggio di cacciarlo come avreb-be fatto il mio predecessore... anche lui dovrà pur mangiare.
Sarà dura arrivare a oggi pomeriggio!, penso con rassegnazione iniziando a raccogliere le prime cartacce. Il cimitero non dovrebbe aprire così presto, il 2 novembre. La vista di tutti questi vivi, di prima mattina, mi traumatizza.

Se il libro vi ha incuriosito o volete fare un simpatico regalo di San Valentino - su, su, che parlare di morti allunga la vita!! - correte subito ad acquistare la vostra copia!
Deathdoc

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