Pioveva fuoco
dal cielo, questo pensò Karl guardando fuori dalla sua capanna in
mezzo ai campi. Impaurito spense la candela, temendo che il cielo
vedendo dall’alto la sua luce avrebbe gettato tutta la sua furia
contro di lui. Aveva perso la moglie anni prima, dalla quale non
aveva avuto figli. Ormai i suoi capelli castani erano diventati grigi
ed intorno ai suoi occhi color nocciola c’erano rughe, la pelle era
scottata dal sole per colpa dei suoi giorni in mezzo ai campi. La sua
era una vita dura, una vita fatta di sacrifici. Aveva quel piccolo
terreno che gli dava abbastanza da vivere lì lontano dal villaggio.
Gran parte di quel che guadagnava veniva speso in birra. Non era di certo
l’ubriacone del paese, ma ci andava tristemente vicino. Gli
restava solo l’alcool come fonte di gioia in una vita patetica, una
vita senza senso da quando la sua donna se ne era andata, senza figli, un lavoro faticoso e privo di gioia. Eppure ora aveva
paura di morire. Se ne stette rannicchiato, ad osservare dalla
finestra.
Stelle cadenti, le chiamavano così quando il cielo crollava. Di tanto in tanto lanciava nervose occhiate alla luna
piena, temendo che anche quella gli sarebbe caduta addosso, ma lei rimase lì.
Invece vide chiaramente una stella tutto d’un tratto cadere
dall’alto verso la sua destra e piombare all’interno del grande
bosco davanti ai suoi campi. Il boato fece tremare la terra e la
polvere dalle travi si riversò all’interno dell’unica stanza in
cui si trovava il contadino. Gli alberi si piegarono sospinti da un
improvviso vento. Il lampo che ne seguì lo costrinse a chiudere gli
occhi e mentre si tappava le orecchie si chinò sotto la finestra. La
capanna tremava. Un secondo bagliore più debole lo spinse a
stringere ancora di più le palpebre spaventato e la terra tremò
ancora anche se leggermente. Quando riaprì gli occhi la pioggia di
fuoco era finita, il cielo notturno era sgombero.
Fuori dalla
capanna la notte era troppo silenziosa: non c’era il solito canto
dei grilli o il suono di qualche animale notturno e l’aria era
carica di qualcosa che Karl non riusciva ad identificare. Guardò verso
il bosco. I pini in lontananza erano visibilmente piegati, parecchi
aghi erano caduti dai loro rami ed ora il terreno era coperto da un
manto verde scuro. Si sentiva attratto, come trascinato in quel luogo
buio a quell’ora della notte. Fortunatamente la luce della luna
rendeva obsoleto l’uso della torcia e per di più aveva troppa
paura per rendersi così visibile da lontano. Prese l’accetta
vicino ad una catasta di legna da ardere e si addentrò nel bosco, a
capo chino attento a dove mettere i piedi per non incespicare in
qualche ramo, sasso o buca.
L’aria carica di odori lo accolse. Da
qualche parte una volpe correva in direzione opposta seguita da una
lepre e man mano che si addentrava sempre di più vedeva animali
correre via o nascondersi nelle insenature del terreno, in buche, tra
i rami. Tutto ciò turbava Karl, ma era come se un filo
invisibile lo trascinasse, facendolo andare avanti. Gli alberi ora erano
fortemente inclinati, alcuni erano persino caduti. Fino a quando
arrivò ad un tratto dove si ergeva una selva di pini bruciati, di cui però ancora pochi si
ergevano come scheletriche dita nere e la luce filtrava meglio. Karl guardò con cura ora che poteva e vide che al centro
preciso di quella selva i pini erano spariti, lasciando al loro posto
la cenere nerastra, circondando un gigantesco cratere.
Il
contadino si fece coraggio, facendosi avanti in mezzo a quella
distesa piana piena di cenere nerastra, avvicinandosi man mano
all’enorme cratere sempre più attirato. Non sapeva cosa sentiva di
preciso, c’era curiosità, c’era paura, ma anche qualcos’altro, un
desiderio, ma non riusciva a capire di cosa con esattezza. Prima che
potesse affacciarsi però sentì un rumore: Zoccoli contro il terreno
dall’altra parte del cratere. Forse non li aveva sentiti prima,
forse quella tensione lo aveva distratto, si voltò e corse a
perdifiato verso uno degli alberi inceneriti, il primo che trovò fu
il suo nascondiglio ed attese qualche istante là dietro. Sentì quei
rumori farsi sempre più vicino, fino a fermarsi, poi dei rumori di
passi ed una voce:
< Voi due, controllate cosa c’è là
dentro. > Una voce maschile ed imperiosa sovrastò ogni rumore.
Il contadino ancora una volta si fece coraggio, socchiuse gli
occhi per mettere bene a fuoco. Erano una ventina di uomini, erano
ben visibili perché portavano delle torce. Erano dei soldati,
probabilmente delle guardie del Lord dato che portavano la sua
insegna: Un corvo nero in campo bianco, portavano pettorali in cuoio,
cotta di maglia ed un elmo aperto. Ora erano tutti a piedi tranne
due, quello che sembrava il loro comandante da come dava ordini ed un
uomo incappucciato che cercò di seguire due soldati, proprio quelli
che si avvicinavano al cratere. Il cavallo dell’uomo si incaponì,
non voleva muoversi, incominciò a nitrire, ad agitarsi, a scalciare,
tanto che l’uomo incappucciato alla fine fu costretto ad arretrare,
solo a quel punto il suo destriero sembrò calmarsi. I due mandati in
avanscoperta si muovevano a passi lenti, uno di loro incominciò a
sollevare la torcia che portava, una volta raggiunto il ciglio del
cratere la sporse in avanti, quando il braccio fu protratto
totalmente le cose cambiarono radicalmente. La torcia venne lasciata
cadere nel vuoto e la guardia lanciò un urlo spaventoso, folle,
arretrò e si accasciò a terra. L’altra incominciò a correre via,
urlando di continuo:
< Scappate! Fuggite da qui! > I soldati
incominciarono ad agitarsi, tranne il comandante e l’uomo
incappucciato.
< Prendetelo, non lasciatelo scappare. >
Ordinò quest’ultimo, un paio di uomini partirono di corsa per
raggiungere quel povero pazzo.
Alla fine il comandante e l’altro
scesero da cavallo, seguiti dal resto del gruppo. Presero una torcia,
guardando verso il basso, il comandante arretrò di un passo, Karl
poteva vedere da lì una traccia di paura e disgusto apparire e
svanire dal suo volto. Finalmente riuscì a vedere il volto dell’uomo
incappucciato, era un uomo maturo, dalla pelle olivastra, capelli
neri come gli occhi e tratti acuminati, aveva un aspetto decisamente
insolito da vedere in quel luogo. Qualsiasi cosa ci fosse là sotto
non lo turbò particolarmente, lo disgustò, ma poi apparve un
sorriso sulle sue labbra sottili.
< Come facevi a sapere che
sarebbe stato qui? > Chiese il comandante, voltandosi verso l’uomo
incappucciato, quello si mise a ridere.
< Non sapevo che ci
sarebbe stato lui ma che le stelle sarebbero cadute, è successo
molto tempo fa e doveva succedere di nuovo. > Si voltò verso il
vecchio, con un ghigno divertito. Aveva un accento che non era di
nessuna terra da quel lato del mare. < La storia si ripete sempre,
non solo quella degli uomini. Anche l’altra volta la pioggia di
stelle portò non solo vecchie rocce con sé. >
Da là sotto
arrivarono orrendi versi, suoni che non aveva mai sentito il
contadino, come se uscissero da qualcosa che non poteva essere di
quel bosco, nessun lupo, nessun cervo, capriolo o cinghiale emetteva
suoni simili, quei suoni fecero rabbrividire non solo lui. Molti
soldati si agitarono, altri incoccarono le frecce, sfoderarono le
spade o afferrarono le lance.
< Fermi! > Ordinò lo
straniero, alzando la mano destra. < Dobbiamo cercare di prenderlo
vivo, da morto non ci servirà nulla, branco di sciocchi! >
Poi
si chinò, portandosi la mano destra alla tempia, il comandante
strabuzzò gli occhi e quei suoni si attenuarono.
< Co-Cos’era
quella voce? > Domandò il vecchio, i soldati abbassarono le armi
ma si scambiarono occhiate perplesse.
< Ma signore, io non ho
sentito nulla. > Spiegò una delle guardie, lo straniero lo
azzittì con un’occhiata.
< Non stava parlando alle nostre
orecchie, ma alle nostre menti. E’ potente quanto credevo, dobbiamo
fare attenzione … potrebbe aver chiamato qualcuno. > Detto ciò
guardò gli uomini. < Voi, circondate la buca, gli altri
controllino che non ci siano estranei. >
Gli uomini
incominciarono a disporsi intorno al cratere, ma altri presero a
sparpagliarsi, un paio si stavano avvicinando proprio a lui. Karl non
perse tempo, diede un’ultima occhiata ed incominciò a correre
lontano da lì. Man mano che correva le voci si fecero distanti,
sentì quegli orrendi versi ancora una volta, ora molto più alti di
prima, risposero così altri suoni: corde tendersi, altre lame venir
sfoderate, poi rumore di roccia e terriccio, forse qualcuno si stava
calando nella fossa. Poi un urlo lo travolse, tanto chiaro da fargli
accapponare la pelle.
< Aiuto! Aiutatemi vi prego! > Ma non
si voltò. Karl voleva tornare alla sua patetica vita.
Questo è il primo episodio di una serie, che andranno a comporre un racconto breve dall'evocativo nome "Dèi Caduti" composto da uno dei nostri primi "seguaci"
Daniel T. è un ragazzo di 23 anni appassionato di scrittura fin da adolescente. I suoi interessi in campo letterario variano dal fantasy all'horror, tra i suoi autori preferiti si possono citare George R.R. Martin, J.R.R. Tolkien, H.P. Lovecraft ed Edgar Allan Poe.
Per mandarci i vostri racconti, le vostre proposte, idee o novità potete scriverci a bastionsofillusion@gmail.com.