lunedì 1 ottobre 2012

Stelle Cadenti


Pioveva fuoco dal cielo, questo pensò Karl guardando fuori dalla sua capanna in mezzo ai campi. Impaurito spense la candela, temendo che il cielo vedendo dall’alto la sua luce avrebbe gettato tutta la sua furia contro di lui. Aveva perso la moglie anni prima, dalla quale non aveva avuto figli. Ormai i suoi capelli castani erano diventati grigi ed intorno ai suoi occhi color nocciola c’erano rughe, la pelle era scottata dal sole per colpa dei suoi giorni in mezzo ai campi. La sua era una vita dura, una vita fatta di sacrifici. Aveva quel piccolo terreno che gli dava abbastanza da vivere lì lontano dal villaggio. Gran parte di quel che guadagnava veniva speso in birra. Non era di certo l’ubriacone del paese, ma ci andava tristemente vicino. Gli restava solo l’alcool come fonte di gioia in una vita patetica, una vita senza senso da quando la sua donna se ne era andata, senza figli, un lavoro faticoso e privo di gioia. Eppure ora aveva paura di morire. Se ne stette rannicchiato, ad osservare dalla finestra. 
Stelle cadenti, le chiamavano così quando il cielo crollava. Di tanto in tanto lanciava nervose occhiate alla luna piena, temendo che anche quella gli sarebbe caduta addosso, ma lei rimase lì. Invece vide chiaramente una stella tutto d’un tratto cadere dall’alto verso la sua destra e piombare all’interno del grande bosco davanti ai suoi campi. Il boato fece tremare la terra e la polvere dalle travi si riversò all’interno dell’unica stanza in cui si trovava il contadino. Gli alberi si piegarono sospinti da un improvviso vento. Il lampo che ne seguì lo costrinse a chiudere gli occhi e mentre si tappava le orecchie si chinò sotto la finestra. La capanna tremava. Un secondo bagliore più debole lo spinse a stringere ancora di più le palpebre spaventato e la terra tremò ancora anche se leggermente. Quando riaprì gli occhi la pioggia di fuoco era finita, il cielo notturno era sgombero.
Fuori dalla capanna la notte era troppo silenziosa: non c’era il solito canto dei grilli o il suono di qualche animale notturno e l’aria era carica di qualcosa che Karl non riusciva ad identificare. Guardò verso il bosco. I pini in lontananza erano visibilmente piegati, parecchi aghi erano caduti dai loro rami ed ora il terreno era coperto da un manto verde scuro. Si sentiva attratto, come trascinato in quel luogo buio a quell’ora della notte. Fortunatamente la luce della luna rendeva obsoleto l’uso della torcia e per di più aveva troppa paura per rendersi così visibile da lontano. Prese l’accetta vicino ad una catasta di legna da ardere e si addentrò nel bosco, a capo chino attento a dove mettere i piedi per non incespicare in qualche ramo, sasso o buca.
L’aria carica di odori lo accolse. Da qualche parte una volpe correva in direzione opposta seguita da una lepre e man mano che si addentrava sempre di più vedeva animali correre via o nascondersi nelle insenature del terreno, in buche, tra i rami. Tutto ciò turbava Karl, ma era come se un filo invisibile lo trascinasse, facendolo andare avanti. Gli alberi ora erano fortemente inclinati, alcuni erano persino caduti. Fino a quando arrivò ad un tratto dove si ergeva una selva di pini bruciati, di cui però ancora pochi si ergevano come scheletriche dita nere e la luce filtrava meglio. Karl guardò con cura ora che poteva e vide che al centro preciso di quella selva i pini erano spariti, lasciando al loro posto la cenere nerastra, circondando un gigantesco cratere.
Il contadino si fece coraggio, facendosi avanti in mezzo a quella distesa piana piena di cenere nerastra, avvicinandosi man mano all’enorme cratere sempre più attirato. Non sapeva cosa sentiva di preciso, c’era curiosità, c’era paura, ma anche qualcos’altro, un desiderio, ma non riusciva a capire di cosa con esattezza. Prima che potesse affacciarsi però sentì un rumore: Zoccoli contro il terreno dall’altra parte del cratere. Forse non li aveva sentiti prima, forse quella tensione lo aveva distratto, si voltò e corse a perdifiato verso uno degli alberi inceneriti, il primo che trovò fu il suo nascondiglio ed attese qualche istante là dietro. Sentì quei rumori farsi sempre più vicino, fino a fermarsi, poi dei rumori di passi ed una voce:
< Voi due, controllate cosa c’è là dentro. > Una voce maschile ed imperiosa sovrastò ogni rumore.
Il contadino ancora una volta si fece coraggio, socchiuse gli occhi per mettere bene a fuoco. Erano una ventina di uomini, erano ben visibili perché portavano delle torce. Erano dei soldati, probabilmente delle guardie del Lord dato che portavano la sua insegna: Un corvo nero in campo bianco, portavano pettorali in cuoio, cotta di maglia ed un elmo aperto. Ora erano tutti a piedi tranne due, quello che sembrava il loro comandante da come dava ordini ed un uomo incappucciato che cercò di seguire due soldati, proprio quelli che si avvicinavano al cratere. Il cavallo dell’uomo si incaponì, non voleva muoversi, incominciò a nitrire, ad agitarsi, a scalciare, tanto che l’uomo incappucciato alla fine fu costretto ad arretrare, solo a quel punto il suo destriero sembrò calmarsi. I due mandati in avanscoperta si muovevano a passi lenti, uno di loro incominciò a sollevare la torcia che portava, una volta raggiunto il ciglio del cratere la sporse in avanti, quando il braccio fu protratto totalmente le cose cambiarono radicalmente. La torcia venne lasciata cadere nel vuoto e la guardia lanciò un urlo spaventoso, folle, arretrò e si accasciò a terra. L’altra incominciò a correre via, urlando di continuo:
< Scappate! Fuggite da qui! > I soldati incominciarono ad agitarsi, tranne il comandante e l’uomo incappucciato.
< Prendetelo, non lasciatelo scappare. > Ordinò quest’ultimo, un paio di uomini partirono di corsa per raggiungere quel povero pazzo.
Alla fine il comandante e l’altro scesero da cavallo, seguiti dal resto del gruppo. Presero una torcia, guardando verso il basso, il comandante arretrò di un passo, Karl poteva vedere da lì una traccia di paura e disgusto apparire e svanire dal suo volto. Finalmente riuscì a vedere il volto dell’uomo incappucciato, era un uomo maturo, dalla pelle olivastra, capelli neri come gli occhi e tratti acuminati, aveva un aspetto decisamente insolito da vedere in quel luogo. Qualsiasi cosa ci fosse là sotto non lo turbò particolarmente, lo disgustò, ma poi apparve un sorriso sulle sue labbra sottili.
< Come facevi a sapere che sarebbe stato qui? > Chiese il comandante, voltandosi verso l’uomo incappucciato, quello si mise a ridere.
< Non sapevo che ci sarebbe stato lui ma che le stelle sarebbero cadute, è successo molto tempo fa e doveva succedere di nuovo. > Si voltò verso il vecchio, con un ghigno divertito. Aveva un accento che non era di nessuna terra da quel lato del mare. < La storia si ripete sempre, non solo quella degli uomini. Anche l’altra volta la pioggia di stelle portò non solo vecchie rocce con sé. >
Da là sotto arrivarono orrendi versi, suoni che non aveva mai sentito il contadino, come se uscissero da qualcosa che non poteva essere di quel bosco, nessun lupo, nessun cervo, capriolo o cinghiale emetteva suoni simili, quei suoni fecero rabbrividire non solo lui. Molti soldati si agitarono, altri incoccarono le frecce, sfoderarono le spade o afferrarono le lance.
< Fermi! > Ordinò lo straniero, alzando la mano destra. < Dobbiamo cercare di prenderlo vivo, da morto non ci servirà nulla, branco di sciocchi! >
Poi si chinò, portandosi la mano destra alla tempia, il comandante strabuzzò gli occhi e quei suoni si attenuarono.
< Co-Cos’era quella voce? > Domandò il vecchio, i soldati abbassarono le armi ma si scambiarono occhiate perplesse.
< Ma signore, io non ho sentito nulla. > Spiegò una delle guardie, lo straniero lo azzittì con un’occhiata.
< Non stava parlando alle nostre orecchie, ma alle nostre menti. E’ potente quanto credevo, dobbiamo fare attenzione … potrebbe aver chiamato qualcuno. > Detto ciò guardò gli uomini. < Voi, circondate la buca, gli altri controllino che non ci siano estranei. >
Gli uomini incominciarono a disporsi intorno al cratere, ma altri presero a sparpagliarsi, un paio si stavano avvicinando proprio a lui. Karl non perse tempo, diede un’ultima occhiata ed incominciò a correre lontano da lì. Man mano che correva le voci si fecero distanti, sentì quegli orrendi versi ancora una volta, ora molto più alti di prima, risposero così altri suoni: corde tendersi, altre lame venir sfoderate, poi rumore di roccia e terriccio, forse qualcuno si stava calando nella fossa. Poi un urlo lo travolse, tanto chiaro da fargli accapponare la pelle.
< Aiuto! Aiutatemi vi prego! > Ma non si voltò. Karl voleva tornare alla sua patetica vita.


Questo è il primo episodio di una serie, che andranno a comporre un racconto breve dall'evocativo nome "Dèi Caduti" composto da uno dei nostri primi "seguaci"

Daniel T. è un ragazzo di 23 anni appassionato di scrittura fin da adolescente. I suoi interessi in campo letterario variano dal fantasy all'horror, tra i suoi autori preferiti si possono citare George R.R. Martin, J.R.R. Tolkien, H.P. Lovecraft ed Edgar Allan Poe.

Per mandarci i vostri racconti, le vostre proposte, idee o novità potete scriverci a bastionsofillusion@gmail.com.





6 commenti:

  1. Muahahahahahahahahahaha
    Un nostro seguace: mi piace questa definizione! :D
    Comunque...
    Il racconto ha subito incuriosito anche me, quindi sono decisamente curiosa di leggere il seguito.
    C'è giusto qualcosa da sistemare a livello di forma, ma la storia è avvincente.

    - Cordelia

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  2. Continuate cosi voglio il seguito... :D ( dai che sta tornando la voglia di finire il mio ) ottimo lavoro Ben!!!

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    1. Non è merito mio ma di mister Daniel T. (vedi note a fine racconto).
      Il primo episodio del mio arriverà penso tra una settimana o due...

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  3. Grazie a tutti dell'interesse dimostrato!
    A breve un nuovo capitolo, nuovi misteri e nuovi orrori!

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